Prof. Wei Hsueh
marzo 2005
Traduzione a cura di Maria Cristina
Lucchetta
Sono
moltissimi coloro che conoscono il Dr. Benveniste
per la sua “famosa” o “infame” ricerca sulla
cosiddetta “memoria dell’acqua”.Ma non tutti, anche
tra quanti operano nel campo della ricerca
scientifica, conoscono i contributi apportati dalle
sue ricerche in ambito allergologico e sulla
flogosi.
Il Dr. Benveniste infatti è stato
lo scopritore del “fattore di attivazione
piastrinica” o PAF. Così, infatti, lo ha chiamato
inizialmente e solo più tardi lo ha rinominato
“Paf-Acether”, nome che ha ampiamente utilizzato
nelle pubblicazioni scientifiche europee. Gli
scienziati americani, viceversa, hanno preferito
continuare a menzionarlo col nome d’origine. Il PAF
è il primo e, a tutt’ oggi, il solo mediatore di
natura fosfolipidica naturale. Esso possiede una
potente azione antinfiammatoria. Meno di due
microgrammi, vale a dire un milionesimo di grammo
per Kg di peso corporeo, sono sufficienti ad indurre
uno shock circolatorio nel ratto, nel topo e nel
coniglio.
Personalmente, ho inteso parlare
per la prima volta di questa potente sostanza in
occasione di un congresso scientifico; a quel tempo,
avevo concluso da pochi anni la mia formazione
post-dottorato e avevo già attrezzato un mio
laboratorio. Sino ad allora, nella mia attività di
ricerca, mi ero sempre interessata di Prostaglandine
e trombossano (mediatori lipidici). Il PAF, appena
scoperto, era talmente efficace da far apparire il
trombossano, potente agente di aggregazione
piastrinica, alla stregua di un “liquido di lavatura
di stoviglie” come diceva scherzosamente il mio
anziano maestro, il Dr Needleman. Non avuto dunque
esitazioni, nel proseguire le mie ricerche, a
passare dallo studio delle prostaglandine a quello
del PAF e tutta la mia carriera è stata sostenuta
senza interruzione dal NIH per circa venti anni. E’
un vero peccato che il Dr Jacques Benveniste
abbia abbandonato, ad un certo punto della sua
carriera, le sue ricerche sul PAF, per dedicarsi a
dei temi meno convenzionali, perché io credo che c’è
una intera famiglia di mediatori di natura
fosfolipidica con funzioni fisiopatologiche
importanti che attende ancora di essere scoperta.
Col tempo, questa classe di
composti potrebbe divenire tanto grande ed
importante quanto la famiglia degli Eicosanoidi, il
cui studioso ha ricevuto il premio Nobel nel 1982.
Sfortunatamente, la ricerca in
tal ambito ha registrato una battuta di arresto,
allorché Jacques Benveniste, suo autore, ha
abbandonato questo campo.
Io ho conosciuto per la prima
volta il Dr Jacques Benvenisti in occasione di un
congresso internazionale sul PAF a Hilton Head,
negli Stati Uniti. In quel periodo egli era
all’apice della sua reputazione nell’ ambiente
scientifico. I suoi articoli venivano pubblicati
sulle più prestigiose riviste scientifiche come
Nature e il “Journal d’immunologie” e veniva
riconosciuto come lo scopritore di un nuovo,
importante, mediatore lipidico.
Nel corso di tale congresso, ha molto
impressionato l’uditorio con il suo successo, il suo
brillante carisma, il suo temperamento intellettuale
audace. Era al centro dell’attenzione, rispettato
dai vecchi e ammirato dai giovani; tutto quello che
diceva faceva riflettere.
Tutti, studenti, ricercatori, giovani
scienziati, si mettevano in coda per avere
l’occasione di parlare con lui, sperando di
apprendere un po’ della sua saggezza.
In quel periodo io ero all’inizio della
mia carriera di ricercatore e avevo appena ottenuto
una borsa ROI dal NIH ( borsa per ricercatori
indipendenti). Anche se lavoravo in una scuola
medica molto conosciuta, la Northwestern University,
il mio laboratorio si trovava nell’Ospedale
pediatrico; un laboratorio isolato che distava circa
tre km dal campus universitario principale. Questo,
ancora prima che il Children’s Memorial Hospital
costruisse il suo proprio istituto di ricerca. Io
lavoravo più o meno da sola. Potete immaginare
come fossi ansiosa di ricevere i consigli di
ricercatori importanti!
Il Dr Jacques Benvenisti era amabile e
generoso e non era mai avaro di consigli e
suggerimenti validi per le mie ricerche. Quasi
subito, abbiamo dato vita ad una
corrispondenza regolare anche se non frequentissima.
Qualche anno dopo, credo fosse il
1987, nel corso di un incontro internazionale a
Tapei, Jacques, per la prima volta, mi faceva
menzione del suo originale studio sulla diluizione
elevata e i basofili, dicendomi che il suo articolo
sarebbe stato ben presto accettato dalla prestigiosa
rivista Nature. Essendo giovane e un po’
naïve la mia contentezza per le buone notizie
era vera e sincera. In effetti, chi non si sarebbe
aspettato che una tale ricerca avrebbe potuto
apportare a Jacques fama, successo e probabilmente
anche il premio Nobel!
Voi tutti sapete bene cosa è
accaduto. Si è verificato l’ impensabile e
l’inatteso.
L’“affare Benveniste”,… la
ricerca infame condotta per Nature, diretta
dal suo caporedattore con l’aiuto di un
professionista “cacciatore di streghe” del NIH e un
mago, …avete inteso bene, un mago!
Fu un disastro dopo l’altro. Le cose
cominciarono a girare male, e progressivamente
gli venne portato via tutto: i suoi finanziamenti, i
suoi collaboratori francesi, e in ultimo il suo
laboratorio. Ancora oggi io non riesco a capire come
sia accaduto che la comunità scientifica in Francia
e nel mondo intero sia rimasta sorda al
successo degli esperimenti successivi che hanno
confermato i primi risultati pubblicati da Nature.
La ricerca come voi tutti sapete è stata
condotta in collaborazione col Dr Spira, uno
statistico di grande spessore e famoso in Francia, e
i dati ottenuti sono passati al vaglio di una
analisi statistica rigorosa e impeccabile.
Quando ho rivisto Jacques, sempre ad un
congresso, qualche anno dopo, pensavo di trovarlo
distrutto, depresso. Ero certa che avrebbe preso la
decisione di rinunciare alla sua ricerca poco
ortodossa per riprendere il suo percorso iniziale.
Al contrario, Jacques appariva in gran forma e
mi annunciava di aver lanciato un nuovo progetto di
ricerca in cui utilizzava segnali trasmessi
elettronicamente per stimolare i basofili umani. Mi
chiedeva di ripetere qualche esperimento sui
neutrofili di ratto. Fu la nostra prima
collaborazione. Jacques ha ugualmente concluso lo
studio in collaborazione col Dr Yolene Thomas, un
immunologo di grande reputazione in Francia, e
l’articolo fu pubblicato qualche tempo dopo.
La tappa successiva di
Jacques era ben più coraggiosa e
rivoluzionaria. Egli ha voluto trasmettere il
segnale biologico digitalmente, utilizzando un
computer. La preparazione che ha impiegato era
costituita da un sistema quasi- in vivo : un cuore
di maiale della guinea isolato e perfuso.
E’ un sistema generalmente
utilizzato dai farmacologi, chiamato
“prepazione di Langendorff”.
Ignettando diverse sostanze
nell’arteria coronaria del cuore isolato e perfuso,
e misurando il flusso coronario è possibile
quantificare l’effetto costrittore o dilatatore di
un dato agente sull’arteria coronaria. Una sostanza
classicamente usata nei Test di dilatazione è la
Acetilcolina, mediatore del sistema parasimpatico.
Nel corso di questo esperimento, Jacques ha
registrato il segnale dell’acetilcolina usando un
trasduttore e un computer con una carta sonora. Il
segnale è stato poi amplificato e “riprodotto”
sull’acqua. Egli ha successivamente iniettato il
segnale trasportato dall’acqua nel cuore
isolato e ha constatato che un incremento del
flusso coronario. Questa preparazione somiglia ad un
sistema in vivo e dovrebbe avere maggior
pertinenza tra i “veri” fisiologi.
Più tardi, egli ha fatto un
insieme di esperimenti simili utilizzando un cuore
ovalbumina-immunizzato e stimolato mediante segnale
digitale dell’ovalbumina. Dopo i successi iniziali
di questi esperimenti, Jacques mi ha chiesto se
volevo registrare i segnali a Chicago e inviarli al
suo laboratorio. Mi ha fatto avere le istruzioni e
io ho registrato l’acetilcolina (ACh), l’ovalbumina
(OVA) e l’acqua e li ho inviati su dischetto e per
e-mail come “attached files”. Dal
momento che i suoi esperimenti e la sua teoria erano
fantastici, Jacques decise che il solo modo di
convincere gli altri era operare in cieco.
Per questo motivo mi ha
richiesto ancora una volta la mia partecipazione.
Per me questa volta fu più quasi un gioco. Lui
ha registrato per primo i segnali di diverse
sostanze sul suo computer e mi ha poi,spedito via
e-mail i files. I files sono stati etichettati
come “acqua”, “ACh”, “OVA”, etc. Io ho a
random e in cieco ricodificato questi files come
#1,#2,#3, etc. e glieli ho rinviati per e-mail.
Jacques li ha testati e ritestati sul cuore
isolato e mi ha fatto pervenire , quasi subito, tali
risultati: #1: acqua; #2 : ACh; #3 OVA.
Devo ammettere che inizialmente
ero un po’ scettica, ma con grande sorpresa, per la
maggior parte delle volte, le sue risposte erano
corrette. Se si applica la statistica a questi
risultati, la possibilità che si tratti di una
coincidenza è assai debole. Questa particolare
scoperta può sembrare di interesse banale per i
curiosi, ma se ci riflettete attentamente,
realizzerete quanto il suo potenziale impatto,possa
essere enorme.
Io sono un medico e concentro
pertanto le mie attenzioni sulle possibili
applicazioni mediche. Come voi sapete, la maggior
parte dei farmaci, anche i più usati come
l’aspirina, non sono scevri di effetti
collaterali, e presentano sempre una qualche
tossicità.
Un farmaco digitalmente trasmesso
può conservare tutti i vantaggi terapeutici ma pochi
effetti collaterali, per non menzionare la comodità!
I medici potrebbero prescrivere i farmaci al
paziente e applicarli con l’aiuto del computer o del
telefono. In un modo quasi primordiale, questa
scoperta cambia completamente la nostra tradizionale
concezione della biologia.
La biologia classica dice che
tutte le azioni biologiche necessitano del legame di
uno specifico recettore col suo ligando agonista per
innescare la via di traduzione del segnale.
Meccanismo che può essere facilmente assimilato al
modello “chiave-serratura”.
…La teoria di Benveniste dice che una tale
interazione non solo è poco economica, in quanto
comporta in seguito all’incontro casuale delle
diverse molecole col proprio recettore, una serie di
“prove ed errori” di accoppiamento, ma anche
inutile. Egli ha supposto che i segnali molecolari
siano trasmessi in modo elettromagnetico attraverso
l’intermediazione di onde a bassa frequenza che
co-risuonano col recettore, pressappoco come il
sintonizzatore di una radio.
Il “milieu” dell’acqua è ideale
per veicolare questo tipo di onde. Questa teoria può
sembrare bizzarra, ma se voi pensate ha una certa
pertinenza. Lasciatemi fare ancora una volta un
esempio clinico. Noi sappiamo che tutte le
persone allergiche ad uno specifico
allergene possono sviluppare, in pochi minuti o in
pochi secondi, una rapida risposta che può portare
allo shock anafilattico, situazione di grave rischio
per la vita, qualora siano esposti all’allergene.
Una persona di media costituzione
pesa circa 60-80 Kg ( un po’ più negli Stati
Uniti!) e la quantità di allergene che può ingerire
o alla quale può essere esposta rientra nel range di
un milionesimo di grammo e anche meno.
Vi siete mai chiesti come
una quantità così piccola di sostanza possa
attraversare i tessuti ( quali pelle e intestino )
rientrare in 5 litri di sangue a forte diluizione,
reagire con gli anticorpi, migrare dai vasi
sanguigni nei tessuti , trovare i mastociti e
finalmente il proprio specifico recettore sulla
superficie delle cellule, legarsi ad esso e produrre
la liberazione di istamina e di altri mediatori nel
giro di qualche secondo dal momento
dell’esposizione?
Vi siete domandati come questo fenomeno
possa essere considerato plausibile nell’ambito
dell’inquadramento classico della biologia?
Se, nel frattempo, voi applicate
la teoria di Jacques Benveniste, comprenderete come
sia possibile avere una risposta rapida e una
concentrazione estremamente bassa dell’antigene
stimolante.
E’ una grande ironia che una
ipotesi così originale e ragionevole abbia avuto più
echi e sia stata meglio recepita al di fuori del
contesto scientifico.
Io mi spiego tutto questo
immaginando che l’espressione “memoria dell’acqua”
possa avere una tonalità, una valenza, rassicurante
e poetica.
In effetti ho visto un lavoro teatrale
a Chicago scritto da un drammaturgo inglese, dal
titolo “La memoria dell’acqua”; niente a che vedere
con la scienza e le teorie di Benveniste
che la comunità scientifica ha, in modo uniforme,
ignorato.
Perché? Io credo per molte
ragioni.
La prima è che la biologia
e la medicina occidentale, a partire dal
Rinascimento, si sono basate sull’anatomia e
sull’alchimia. L’anatomia si è evoluta
nell’istologia e nell’ultrastruttura, e attualmente
va verso la biologia molecolare che non è altro che
l’anatomia dei geni.
L’alchimia, dal suo canto, ha trovato la sua
evoluzione nella chimica. Così, le conoscenze
scientifiche della biologia, ad eccezione di qualche
pubblicazione sugli stimoli di natura elettrica in
neurofisiologia, sono, deplorabilmente,
insufficienti.
Una celebre opera cinese,
divenuta ormai un classico,“ Sogno della camera
rossa” sostiene che le donne sono fatti di acqua e
gli uomini di fango. La verità è che tutti gli
umani, e in effetti tutti gli esseri viventi
appartenenti al regno animale sono fatti d’acqua.
La maggior parte del nostro
organismo è costituito dall’acqua.
La triste verità è che noi
conosciamo poco questa molecola che è l’essenza
della vita. Forse c’è qualche fisiologo tra voi, qui
oggi. Io mi chiedo se i fisiologi hanno una
idea chiara e completa sul suo mistero. Noi non
abbiamo nessuna idea sullo stato dell’acqua che è
nel nostro corpo e su come essa si comporti nelle
diverse condizioni fisiopatologiche. Come ben
sappiamo, l’anatomia e la chimica non spiegano tutto
in biologia.
Quando ero ancora all’università,
studente di medicina, l’agopuntura era considerata
una medicina vudù, derisa dai nostri professori e
dai membri dell’accademia medica. Perché?
Probabilmente perché non ha alcuna base anatomica o
biochimica.
Sono sempre rimasta perplessa nel
vedere che molte persone traevano benefici e
miglioramenti in seguito a trattamenti con
l’agopuntura. Spesso si dice che questo sia dovuto
all’effetto placebo, ma noi sappiamo che l’effetto
placebo non può spiegare tutto in medicina.
Attualmente, l’agopuntura è accettata
da tutte le comunità mediche, anche negli Stati
Uniti. Conosciamo adesso i punti d’agopuntura nel
ratto, e quando si stimolano questi punti la
risposta può essere registrata obiettivamente. Ma
non ne conosciamo la localizzazione anatomica, di
conseguenza non abbiamo sempre una spiegazione
scientifica e chiara per questo fenomeno.
Un’altra ragione che spiega il
rigetto di una teoria poco ortodossa da parte della
comunità scientifica è il sistema e una certa prassi
consolidata.
Negli Stati Uniti gli scienziati
sono fin troppo incoraggiati ad approfondire un
filone di ricerca piuttosto che allargare il
campo di interesse. Ho fatto parte della
sezione di studi del NIH per circa 5 anni. Ho visto
anche, molti progetti di ricerca originali e con
idee brillanti e tornare indietro, perché non
rientravano nella norma. E solo quando il progetto
veniva rivisto e concertato sull’approfondimento di
uno specifico aspetto, poteva essere accettato e
finanziato. Questo metodo ha i suoi punti di forza
ma anche dei lati deboli. Il suo punto di forza è la
formazione di super specialisti. Il suo punto debole
è il rischio di creare scienziati con una visione
ristretta.
L’altro problema il sistema con cui
vengono valutate e finanziate le pubblicazioni da
parte dei revisori. Evidentemente è il sistema più
giusto sino ad oggi, ma certamente non è ancora il
sistema ideale. Se la valutazione è condotta dagli
stessi scienziati dalla visione ristretta in che
modo possiamo contare su di essi per aprirci ad idee
rivoluzionarie? E dal momento che questi esperti
decidono ugualmente sul futuro dei giovani
ricercatori (prendendo delle decisioni sugli
articoli e sui finanziamenti) avranno timore di
sostenere apertamente una teoria eretica per paura
di compromettere la propria carriera.
E’ questa una delle ragioni per cui
ammiro particolarmente Jacques Benveniste.
Egli ha avuto un carattere forte
e una volontà di ferro. Ha guardato con disprezzo le
opinioni comunemente accettate e ha saputo
perseverare, a dispetto di tutte le difficoltà
e gli ostacoli.
Un giorno mi ha chiesto cosa io
pensassi di questa sua perseveranza apparentemente
folle. Gli ho detto, con una battuta, che essere un
profeta è qualcosa di eccezionale, combattere per la
ricerca è coraggioso ed eroico ma si correva il
rischio di essere un giorno bruciati vivi sulla
pubblica piazza.
Lui mi ha risposto: “Io ho una guida
assai esigente e ne sono rapito. Il mio intero
essere è completamente appagato dalla sua immagine,
dal profilo, dal volto seducente e a volte evasivo,
dal sorriso incostante di questa donna che si
chiama: La scienza. Non mi si può impedire di fare
quello che faccio, di andare là dove sto andando”.
Ecco la risposta di uno scienziato VERO.
La gente intraprende i cammini
della scienza per ragioni differenti: la fama, la
fortuna, il potere, il lavoro sicuro, l’evasione o
semplicemente perché si è promossi nel contesto
universitario. Ma i veri scienziati sono spinti
soltanto dalla vera passione per la scienza. Sono
questi i veri idealisti.
Molto si è detto a
proposito dell’“affare Benveniste” e sulla “memoria
dell’acqua” e io non voglio attardarmi in una
ripetizione. Quanto desidero dire è che l’idea di
Jacques Benveniste sulla trasmissione
elettromagnetica dei segnali molecolari non è
solamente originale ma ha una importanza colossale.
La biologia, nel corso dei secoli, ha concentrato la
sua attenzione sugli aspetti strutturali e
chimici.Gli studi sulla segnalazione fisica
mancano.Questo è deplorevole. Abbiamo avuto bisogno
di un vero visionario come Jacques Benveniste
per accorgercene.
Per tale motivo, è un onore per me essere
associata, in qualche maniera, anche se
marginalmente ai suoi sforzi di ricerca in questo
campo.
Confermata o no, la sua teoria
deve risvegliare, ridestare l’immaginazione del
mondo scientifico nel secolo a venire.
E qualora venisse dimostrata, potrebbe essere una
delle più grandi scoperte, in campo biologico, degli
ultimi anni.